Nijuman no Borei (200000 fantômes)

 

Nijuman no borei (200.000 Fantômes), 2007, di Jean-Gabriel Périot è un'opera che si colloca all'incrocio tra cortometraggio sperimentale, documentario e film d'animazione, e che gravita attorno a un edificio emblematico della città di Hiroshima, il Gen-Baku Dome, l'unico edificio che pur situato breve distanza dall'epicentro dell'esplosione atomica - ha resistito (almeno parzialmente) all'immane distruzione che sconvolse l'intera città.

L'autore precisa:
"Non è un documentario storico in senso classico poiché non apprendiamo niente di preciso su questa catastrofe [ ... ]. Il bisogno di fare questo film viene dalle mie letture delle testimonianze dei sopravvissuti. Il Dome è venuto dopo, in seguito alla lettura di un libro sulla storia del bombardamento".
("On ne peut pas prendre de recul par rapport aux images violentes. C'est pourquoi je peux faire un film sur le dôme mais pas sur les victime... Il m'est impossible de me détacher suffisamment des images de mort pour pouvoir les utiliser".)

"Hiroshima è l'esempio tipico della rimozione del nostro passato[ ... ] Che sappiamo oggi, eccezion fatta per due righi appresi a scuola in un libro di storia? Eppure, Hiroshima è una vera catastrofe per l'umanità".
("Le lancement sur cette ville d'un engin de mort aussi aveugle et destructeur, détruisant la vie à court et à long terme, par les Américains, qui venaient de libérer les camps de la mort, affirme l'impossibilité de rebâtir une nouvelle humanité après cette guerre pourtant très meurtrière".

Il film, realizzato a partire da circa 900 foto d'archivio scattate tra il 1918 e il 2006, ci mostra Hiroshima prima dell'esplosione, il cumulo di rovine a cui fu ridotta e il successivo lento lavoro di ricostruzione. In ognuna delle foto che si susseguono e si sovrappongono, ritmando la trama narrativa del film, ricorre un elemento comune, la cupola del Dome, con la struttura metallica parzialmente in vista. Intorno a questo punto fisso, il sovrapporsi delle immagini, in bianco e nero ed a colori, sembra formare un'immensa panoramica a 360° nello spazio e nel tempo: mentre la città inizia, infatti, progressivamente ad essere ricostruita, il Dome resta allo stato di rovina, confinato in una lacuna temporale e, in breve, viene eretto a simbolo del bombardamento, rendendo così impossibile sia la sua demolizione che la sua ricostruzione. È dunque con ragione che esso diviene nel film l'elemento immobile di un paesaggio in continua mutazione, la sua stabilità provoca nella visione una sensazione d'ipnosi dovuta al fatto che da una foto all'altra l'edificio resta al centro del quadro sia perché le foto d'archivio sono, riquadrate, ingrandite o rimpiccolite ad arte per ottenere quell'effetto, sia perché, come sottolinea Périot, "il film è a volte centrato sul Dome, ma qualche volta anche sul suo ambiente. C'è dunque, nel corso del film, un va e vieni incessante tra un Dome che occupa il centro dell'immagine e un Dome inscritto nel suo paesaggio". Ancora oggi, il Gen-Baku dome rappresenta il centro della città, sia in termini urbanistici che simbolici e, come tutte le rovine, rappresenta una faglia temporale, un luogo in cui il tempo non è più attivo. L'artista è riuscito a padroneggiare una esplosione fotografica dal grande potere emozionale: privo di qualsiasi commento ma con una straordinaria colonna sonora dei Current 93, Nijuman no borei distilla un pensiero-cinema, prossimo all'alchimia in cui la reiterazione dell'immagine conduce verso una conciliazione impossibile tra memoria e oblio.

 

La guerre che verra no e’ la prima
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Mart 2014